IL RE DEL CALCIO
Non è stata una partita
d'addio. E' stato il suo "homenaje". Infatti un addio al calcio Diego
non potrà mai darlo, essendo lui l'essenza stessa del calcio. Maradona
ha ancora una volta tutta l’Argentina ai suoi piedi. Lo scenario è
quello della "Bombonera", lo stadio del Boca Juniors dove il
Pibe de Oro ha vinto il suo primo scudetto esattamente vent’anni fa, e
che adesso continua a frequentare da tifoso. Il palco che il
suo ex club gli ha assegnato vita natural durante era occupato dai suoi
genitori, commossi come e più di lui al momento dell’inno nazionale che
ha preceduto il calcio d’inizio della sfida in suo onore, quella tra
l’Argentina e il Resto del Mondo, un mix di ex compagni di squadra,
stelle della sua epoca e di quella odierna.
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Occhi
rivolti al cielo, Dieguito non nascondeva le lacrime durante le note,
proprio come a Roma nella finale mondiale del 1990: questa volta però
non era un pianto di rabbia verso il pubblico italiano che lo fischiava,
ma di ringraziamento per tutta la gente che non l’ha dimenticato e che
continua a considerarlo il numero uno del calcio mondiale, incurante dei
chili di troppo, dei dispetti della Fifa e delle sue innumerevoli
vicissitudini. |
Per una
sera gli occhi di tutti erano di nuovo puntati sulla sua "camiseta" numero
10 che ha onorato per 15 anni e lui ha fatto di tutto per non tradire le
attese: lo scatto e la rapidità non potevano certo essere quelle degli
anni d’oro, ma i suoi passaggi
smarcanti e la sua capacità di vedere il compagno meglio piazzato non
sembrano conoscere l’incedere del tempo. |
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Quando dopo un
quarto d’ora di partita ha messo Claudio Lopez a tu per tu con Cordoba
(Oscar, il portiere colombiano del Boca Juniors che da queste parti è un
idolo), a molti è sembrato di rivedere il lancio per Caniggia al "Delle
Alpi" di Torino che in quegli stessi mondiali del ’90 diede
all’Argentina un’insperata e inattesa vittoria contro il Brasile.
Sottorete il laziale non è stato spietato come l’ex atalantino, ma si è
prontamente riscattato nell’azione successiva quando ha battuto di testa
lo stesso Cordoba su cross dalla destra di Pablo Aimar, uno dei tanti
presunti candidati alla successione di Dieguito in maglia biancoceleste.
Gli
abbracci erano però tutti per il Pibe de Oro, festeggiato ancor più
calorosamente alla mezz’ora dal suo ex compagno nel Siviglia Davor Suker,
autore del pareggio del Resto del Mondo con una bella conclusione di
sinistro appena dentro l’area. |
Il
momento più atteso arriva però nella ripresa (dopo un’intervallo di
mezz’ora abbondante...), quando Maradona, dopo aver “diretto” i cori dei
tifosi indirizzati nei suoi confronti, prima serve ad Aimar l’assist del
2-1 e a Kily Gonzalez quello del possibile terzo gol (il tiro
dell’attaccante del Valencia è fermato dalla traversa), poi segna nel
modo più semplice e scontato, trasformando al 16’ un rigore
generosamente concesso dall’arbitro dopo un contrasto in area tra
Bermudez e Cruz. |
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L’ultimo colpo di teatro,
la maglia esibita al pubblico in delirio sotto quella dell’Argentina:
quella del Boca Juniors naturalmente, l’amore di una vita, che ha
sostituito quella biancoceleste nei minuti finali della sua esibizione.
C’è ancora tempo per un pallonetto all’amico Higuita, che permette al
portiere colombiano di esibirsi nel suo numero preferito, il colpo dello
scorpione, e per i gol del laziale Castroman, di Cantona, ancora di
Aimar e di Higuita su rigore (“comandato” da Maradona all’arbitro, che
nel frattempo era cambiato...) e infine dello stesso Dieguito, ancora dal
dischetto, che fissano il risultato sul 6-3 definitivo. Prima del
fischio finale, Diego si
abbandona nuovamente alle lacrime tra gli abbracci di compagni e
avversari ed i cori d’incitamento dei 50.000 della “Bombonera”.
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